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Tornare…Arrivare

di Valeria Pagani

Hai visto?!? Qui gli uomini portano la gonna e le donne i pantaloni…– mi dice Giulia osservando le lungi di alcuni ragazzi sull’autobus. Già…– le faccio eco io, osservando, contemporaneamente, i coloratissimi Churi che donano un’elegante disinvoltura alle donne di ogni età (invidio in segreto l’abilità che hanno di portare questi vestiti per me complicatissimi in una semplice comodità assoluta). Una banale contraddizione mi fa pensare a cose che non avevo notato la prima volta e a ciò che, forse, ho dimenticato. A quanto poi mi faccia male pensare che in questo paese, che trovo ancora una volta splendido, le donne e gli uomini pur all’apparenza gentili e generosi siano contrapposti.
A quanto le donne per mano di uomini siano vittime di atroci violenze, quotidiane discriminazioni e innumerevoli episodi di privazioni, limitazioni o abusi. Capisco che le contraddizioni limitino molto:
Ho visto in India case senza il pavimento ma con gli attacchi elettrici per il televisore, sempre acceso sui canali musicali. Ho visto in Tamil Nadu convivere pacificamente capre, mucche, galline, cani e persone che non mangiano la carne arrivare a fare a pezzi il loro oggetto d’amore perché forse si distanziava da una tradizione ormai lontana. Ho visto caste non più esistenti, esistere ancora. Ho visto spose bambine con mariti anziani. Ho visto ragazzine adolescenti preferire trovare i soldi per comprarsi un piccolo gioiello piuttosto che trovare qualcuno che costruisca e pulisca una fossa biologica per farle avere un bagno in casa.
Eppure… Eppure l’india è per me un posto meraviglioso. Necessario a tratti. Perché proprio dove finisce questo elenco di opposti opponibili inizia una bellezza e un’intensità senza eguali. L’india è il cuore del mondo e l’India, nonostante quello che possiate sentire da qui, è donna.

Bambine e adulte hanno vestiti stupendi e occhi profondi, celano storie in timidi sorrisi e portano zaini pieni di libri o sacchi pieni di pesce, verdure, frutta e tutte le frasi che non sanno dirti. Hanno tutte un bindi al centro della fronte per ricordarle che Dio , in qualunque forma lo vogliate pensare, è lì con loro; hanno mani perfette e leggere dupata con le quali, con la solita inarrivabile eleganza, asciugano il sudore nei momenti del giorno in cui fa così caldo.

Non le senti lamentarsi, difficilmente le vedi piangere, spesso camminano andando avanti. Sono madri giovanissime, spose, sorelle, cugine e, anche quando ti guardano stranamente e sembrano arrabbiate, sono pronte a farti spazio nelle loro case, nei loro piatti, tra le loro strade e la loro gente e alla fine non hanno nessun problema a farti sentire una di loro. Scuotono la testa senza bisogno di spiegarti il perché semplicemente per esprimerti consenso e amicizia.

Ci sono tante cose che non farei due volte,ma questa sì In India sono tornata due volte. Molto o poco che sia, non mi era mai capitato nella vita di desiderare tanto tornare in un posto che avevo appena toccato. Non ricordo di avere fatto lo stesso viaggio due volte mai nella mia vita, se non quando ero bambina e le vacanze scivolavano sui binari sicuri degli alberghi della riviera romagnola con passeggiate e gelati e giostre quotidianamente pianificate per il mio benessere bambino.

Non mi era mai successo di volere ripetere un’esperienza con tanta determinazione e i dubbi c’erano come sempre a tener viva la mia motivazione, ma sono scivolati giù come una sorso d’acqua in una gola assetata non appena ho messo il piede in città, ho respirato l’odore unico di gelsomino, mi sono guardata attorno e abbracciando gli occhi delle ragazze alle quali avevo superficialmente promesso un ritorno, ho trovato una fiducia e un sì stampato in volto. Dentro quello specchio, mi son sentita a casa. Mi si è per un attimo svuotata l’aria di tutti polmoni e prima di inspirare di nuovo ho aspettato un attimo prima di dire: eccomi, sono qui.

E’ stato come un appuntamento ben riuscito che non appena finisce non vedi l’ora di ripetere, trovare il vestito giusto, le parole, gli sguardi, i movimenti migliori. Ecco, con lo stesso spirito ho raggiunto Killai e il Nambikkai Centre la seconda volta e, anche se i vestiti non erano quelli giusti, le parole incerte, i movimenti emozionati nello specchio di quegli occhi e quei gesti così naturali mi sono subito naturalizzata anch’io.

Non è facile alla fine di questo mese e all’inizio di un nuovo settembre in un posto completamente diverso capire cosa, ma sono certa di avere colto il come. Dare qualcosa per ricevere un come, questo il senso per me di questa striscia di India. Qui non solo devi arrenderti a dei tempi e dei modi che non ti appartengono ma fondamentalmente devi smettere. Devi smettere di farti domande, devi smettere di chiedere a te stesso quanto e dove puoi arrivare, devi smettere di sentirti capace di insegnare e trasmettere, devi sospendere la tua idea di tempo e di spazio.

Solo allora, solo se e quando (ed è un aspetto non trascurabile e per niente facile nell’approcciarsi ad un paese), ma solo quando smetti di chiedere e di sentirti in colpa per tutto ciò che sei, sei arrivato. Solo quando ti fermi davvero, sei in India. Quando la natura ti invade gli occhi e le orecchie, la mente si allena al silenzio e se ne nutre, il cibo ti stimola il naso e il tatto e un sorriso naturale in alcun modo costruito ti riempie improvvisamente il volto, allora sei arrivato. Allora e solo allora il cuore ti si riempie d’amore e capisci di essere realmente tornato.

Valeria Pagani, volontaria IBO Campo di lavoro e Solidarietà CESVi in Tamil Nadu (India)

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